"La Cina e le sue lingue ", è la conferenza che si è svolta ieri 6 giugno, nell'aula magna dell'Università di Macerata, tenuta dal prof. Sun Hongkai uno dei massimi esperti in questo settore, introdotto dal dott. Raul Zamponi, studioso di lingue orientali e "minori".
Un viaggio affascinate e per addetti ai lavori nel mondo delle lingue sino tibetane, molte delle quali sconosciute o in via d'estinzione. In Cina si parlano circa 292 lingue. La stragrande maggioranza della popolazione, di etnia han, utilizza lingue del gruppo sinitico (il cinese), mandarino, cantonese, wu (Shanghai) ed altre. Il resto della popolazione cinese è rappresentato da numerosissimi gruppi etnici con lingue "minori". Alcune di esse sono riconosciute (lo zhuang nel Guangxi, il mongolo nella Mongolia Interna, il tibetano in Tibet, l'uiguro nello Xinjiang; e poi il coreano ed il kazaco) altre no, ma sono ancora fortemente vitali. Altre invece stanno lentamente scomparendo come il mancese, un tempo la principale lingua della corte imperiale cinese (XVII sec., dinastia Qing) che oggi soltanto 18 residenti ottuagenari del villaggio di Sanjiazi sono in grado di parlare correttamente.
Un contributo fondamentale alla conoscenza di questo universo linguistico è venuto da due illustri maceratesi, padre Matteo Ricci (gesuita 1552-1610), autore, fra le altre cose, del primo dizionario europeo della lingua mandarina, e padre Cassiano Beligatti (cappuccino1708-1791), a cui dobbiamo la prima descrizione attendibile del tibetano e del suo alfabeto. Ma in anche un altro illustre macerate Giuseppe Tucci è tra i padri mondiali dei moderni studi asiatici pur essendosi orientato verso lo studio e la traduzione di testi della tradizione buddhista e delle altre correnti di pensiero e religiose dell'Asia orientale.(ap)