Mercoledì (7 novembre) in programma, nell’Aula magna dell’Università, il convegno di studi dal titolo Le Marche nella mezzadria. Un grande futuro dietro le spalle, organizzato dal Dipartimento di scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni internazionali dell’Università di Macerata e dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Macerata e che vede tra gli enti patrocinatori anche il Comune di Macerata.
La giornata di studi intende indagare, a trenta anni di distanza dall’approvazione della legge n. 203 del 3 maggio 1982, con la quale venivano definitivamente eliminati i contratti di mezzadria, quale sia il lascito di questo istituto giuridico all’economia, alla società e alla politica odierna marchigiana.
Il processo che ha portato alla fine della mezzadria, per la sua lunghezza nel tempo, ha dimostrato quanto radicata fosse questa istituzione nella pratica agraria italiana, soprattutto nelle regioni centrali della penisola, tanto che a decretarne la fine non è stata soltanto la tardiva legge, quanto, in particolare, anche il lento ma progressivo abbandono delle campagne a partire dal secondo dopoguerra.
Le caratteristiche di pervasività e longevità, segni distintivi del patto mezzadrile, hanno fatto sì che più profonda e radicata fosse la sua l’influenza nelle regioni in cui predominava, influenzando l’organizzazione del lavoro nelle campagne, i modelli di sviluppo agricolo, la conformazione del paesaggio, i rapporti umani, l’universo simbolico e valoriale della popolazione.
Negli ultimi cinquanta anni del secolo scorso i mezzadri hanno rovesciato il loro vecchio mondo; quanto di esso sia scomparso e quanto sia transitato nelle Marche odierne e quello che ci prefiggiamo di indagare.