Noah Salameh
Il dramma dei palestinesi in Comune
19 febbraio 2002
"Nella mia terra la gente si odia, si uccide, si fa del male. Sono nato e vivo in un campo profughi palestinese, ma non credo che riuscirei mai ad odiare gli israeliani: è l'amore che cambia le cose, non il conflitto". Con queste parole ieri pomeriggio, nella sala consiliare del Comune, Noah Salameh, studioso palestinese in città grazie ad un'iniziativa della "Rete Radiè Resch" di Macerata, ha introdotto il suo intervento davanti a numerosi giovani e cittadini. Accanto a lui il sindaco Giorgio Meschini, il vice sindaco Lorenzo Marconi e Gabriella Bentivoglio la responsabile dell'associazione di solidarietà internazionale promotrice dell'incontro.
Fondatore del Centro palestinese per la risoluzione e la riconciliazione (Ccrr), Salameh ha pronunciato parole di conciliazione, ha detto di essere un convinto attivista di pace perché nel Medio Oriente, nonostante la cruda violenza che trapela ogni giorno dai mass-media, da entrambe le parti, molti uomini lavorano per giungere ad un compromesso. "Non tutti gli israeliani sono violenti, così come non lo sono tutti i palestinesi, ma il governo di Sharon non permette di incontrarci e di discutere, rendendo tutto più difficile".
Ha poi spiegato la sofferenza della gente palestinese alla quale in cinquanta anni sono state confiscate le proprie terre e, ancora oggi, vive nei territori occupati. "Ognuno di noi ha diritto al 12% di acqua che spetta ad un israeliano. Viviamo nei campi profughi circondati da fili spinati, possiamo uscire uno per volta. Non troveremo la pace, se non riusciremo a dare ai palestinesi almeno la speranza, di vedere riconosciuti i diritti umani".
Con tono chiaro, sicuro ha poi rivolto un forte appello all'Europa democratica, esortandola ad intervenire attivamente nella trattativa di pace, anche con una posizione diversa da quella americana, puntando cioè l'attenzione sull'origine della violenza. "Il terrorismo è il risultato di tanti anni di occupazione e di mancato rispetto dei diritti umani. Per smettere di usare le pietre o gli F-16, abbiamo bisogno del vostro aiuto; ma se la mia gente non ha acqua, vive in assoluta povertà e senza diritti è difficile che passi il concetto di conciliazione".
Il Ccr, il centro fondato da Salameh, sta lavorando attivamente sul territorio per costruire una cultura di pace. "Vogliamo dare alla nostra gente la speranza che un giorno si arrivi a riconoscere i diritti dei palestinesi, aiutarla a trovare un equilibrio interno fatto di valori per formare persone in grado di parlare e dialogare con gli altri senza differenze".
A questo scopo sono stati avviati dei progetti nelle scuole che coinvolgono più di cento insegnanti oltre a degli interventi di sostegno psicologico rivolti ai ragazzi che assistono a terribili uccisioni, per prevenire i rischi che si trasformino in potenziali kamikaze.
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