COMUNICATO STAMPA N. 3 sabato 5 dicembre 2009
OGGETTO: Libriamoci, in biblioteca Clio Pizzingrilli presenta "Ritratto di una poltrona"
"Mi chiamo Elia Molto, sono nato in una città a poche miglia dall'Adriatico, sulla quale incombe ancora sempre la minaccia di molte montagne, che però giacciono inoperose, apparentemente inermi, da migliaia di anni.".
Inizia così il nuovo romanzo dello scrittore ascolano Clio Pizzingrilli, "Ritratto di una poltrona", che verrà presentato dall'autore stesso, mercoledì prossimo (9 dicembre), alle ore 21.15, alla Mozzi Borgetti, nell'ambito di Libriamoci, in Biblioteca letteralmente fantastico.
Pubblicato dalla casa editrice "nottetempo", il romanzo di Pizzingrilli è un viaggio intricato nel labirinto dei nostri quotidiani intrighi provinciali alla disperata ricerca di una via d'uscita.
Di questo ritorno narrativo dell'autore de "Il tessitore" (Quodlibet, 1997), che tra l'altro dirige anche la collana di quaderni di critica del lavoro "questipiccoli", il filosofo Giorgio Agamben ha scritto: "I precedenti romanzi di Pizzingrilli scandivano l'epos di un popolo minore e caotico, anonimo e, insieme, zeppo di nomignoli, senza identità anche se traboccante di smorfie e di volti. E, tuttavia, nel brusio di questa moltitudine pullulante, s'indovinava una esigenza genuinamente politica, qualcosa come la mappa di una città a venire, tanto chiara quanto illeggibile, così esotica da sembrare familiare. In questo nuovo, straordinario romanzo, situato ancora una volta nella città "il cui nome racconta il luogo che si addice alla felicità", il popolo si è eclissato, la vocazione politica dileguata, ormai lacerata la mappa. Il ritmo e le movenze dell'epica cedono allora il posto alle trame minuziose del romanzo giallo, l'ariosità del progetto politico a cabale oscure e a congiure, che, come in ogni romanzo giallo, culminano alla fine in un omicidio, implacabilmente consumato e, insieme, clamorosamente mancato. E, man mano che la trama si avvicina al suo scioglimento, al di là dei grigi, pallidi manichini dei congiurati e della voce delirante del narratore, che espone puntigliosamente "le ragioni del suo delitto", appare il vero protagonista del libro, insieme carnefice e vittima, sbirro e Mabuse, disumana allegoria delle nostre città senza popolo: una poltrona".