Si calcola che siano 180 mila i Saharawi (gente del deserto) residenti in campi profughi nell'estremo Sud-Ovest dell'Algeria.
Di loro si parla poco, come di tutti i popoli "dimenticati", le cui rivendicazioni vanno a turbare interessi consolidati ed equilibri internazionali delicati.
I rifugiati Saharawi sono i sopravvissuti al grande esodo: interminabili marce nel deserto, inseguiti dall'aviazione marocchina avvenuta nel 1975, 25 anni di vita nella zona considerata tra le più invivibili del nostro pianeta.
Il territorio che ospita i campi profughi è di circa 100 kmq, ed è completamente desertico, piatto, ricoperto di sassi e sabbia (Hammada).
Il clima è, ovviamente, di tipo desertico con piovosità quasi assente.
La temperatura varia nelle due stagioni: estate ed inverno, raggiungendo i 45°-50° in estate e i 5° sotto zero nelle notti d'inverno.
La vegetazione è assente eccetto rarissimi alberi a spine ed una oasi naturale di poche vecchissime palme.
L'acqua è, reperibile a breve profondità, ma ha una elevata salinità fino a renderla non potabile.
La vita nei campi scorre lenta, turbata solo dal rumore continuo dei pochi generatori, che garantiscono l'energia elettrica agli ospedali e ai centri di accoglienza.
Nelle tende, per i più fortunati, la luce è garantita dai pannelli solari, per altri non resta che la luce fievole del gas.
Nella monotonia del paesaggio spiccano i colori delle donne saharawi, che avvolte dai loro mantelli trasparenti dai colori vivacissimi si occupano dell'amministrazione dei campi, e il sorriso dei bambini che giocano con pietre e sabbia.
In un universo materialmente povero all'inizio le tende erano fatte con pezzi di stoffa incessantemente ricuciti in una lotta senza tregua contro il vento ma simbolicamente ricco, la vita dei rifugiati andrà organizzandosi in un modello comunitario del tutto unico al mondo.
Sono circa 250.000 e vivono in uno dei deserti più inospitali della terra, quello dell'Hammada di Tindouf, dove la temperatura il luglio e agosto supera i 60° e d'inverno cala sotto lo zero.
Sono vecchi, donne e bambini a popolare le tende e le case di sabbia. La maggior parte degli uomini sono al fronte a proteggere il fazzoletto di terra conquistato negli anni.
I Saharawi non nascondono la loro povertà come se fosse una vergogna: al contrario sanno valorizzare e nobilitare il poco che hanno, al punto che le stesse tendopoli, messe su con gli aiuti umanitari, che in tanti altri posti al mondo sono inferni senza redenzione, qua sembrano villaggi millenari.
Sono capaci di scrivere con i colori, con la luce, con i materiali più poveri sulla grande tela che è il deserto.
Le tendopoli Saharawi, non sono certo un paradiso dove trascorrere le vacanze.
E' duro nascere e vivere in un ambiente al limite della sopravvivenza, dove manca il bene più prezioso: l'acqua.
Cisterne dell'ONU riforniscono ogni 15 giorni i cubi scatole di metallo chiusi da rudimentali sportelli dove, soffiata dal vento, inclemente la sabbia entra a inquinare quell'acqua leggermente salata e resa potabile dall'aggiunta di cloro.
Acqua che travasata in una varietà di recipienti deve bastare per tutto e per tutta la famiglia, centellinata e recuperata goccia dopo goccia.
In queste condizioni i bambini crescono consapevoli di tutti i disagi e di tutte le esigenze della famiglia e fieri di appartenere al popolo della sabbia.
Nel 1999 grazie ad una iniziativa della Regione Marche alcune amministrazioni comunali sono state coinvolte per l'ospitalità di minori provenienti dal deserto del Sahara.
Nel dicembre del 2000, nasce l'associazione Rio De Oro fondata da persone, volontari, che hanno conosciuto la causa Saharawi attraverso l'accoglienza estiva dei bambini.
Nel 2001, dopo il primo viaggio nei campi profughi, abbiamo iniziato il progetto di "Adozioni a distanza di portatori di handicap" che si è sviluppato in questi anni con la collaborazione di associazioni che operano in altre regioni italiane.
Dal 2002 siamo coordinatori dell'accoglienza estiva dei 60 bambini saharawi che ogni anno vengono invitati da più di 10 comuni nella regione.
Nel gennaio 2003 abbiamo portato nei campi profughi un camion con tutto il materiale per il Progetto "Orti nel deserto" che è stato realizzato grazie alla sensibilizzazione della Provincia di Macerata e dell'Ist. Agrario di Macerata, il Consmari e la ditta Faggiolati per gli impianti di captazione dell'acqua per irrigare gli orti.
Nel 2007 il Comune di Macerata ha stanziato 5.000 euro per la realizzazione della sede della Segreteria di Stato per i Servizi sociali e della Donna, a Rabuni, la parte amministrativa dei ampi Profughi Saharawi. La struttura finalizzata a organizzare al meglio i servizi alle persone, anziani, disabili ecc forniti dai vari dipartimenti. Il progetto è stato avviato a seguito della visita della ministra, signora Mohfouda Mohamed Rahal in municipio, il 17 luglio 2006.
Il Ministero per gli Affari Sociali e la Promozione della Donna è stato inaugurato il 3 dicembre 2008 durante una cerimonia ufficiale alla presenza delle delegazione del comune di Macerata e della regione Marche, dei ministri ed autorità del governo Saharawi (vedi)