C'era anche una donna, la nobile Livia Aurispa, moglie di Giuseppe Perozzi, fra i liberali maceratesi che furono scoperti nel 1820 a tramare contro l'autorità pontificia. Già nel giugno del 1817 c'era stato un tentativo di insurrezione armata: fra delazioni, defezioni e anticipati interventi della forza pubblica l'episodio era rimasto circoscritto a pochi individui. In ogni caso, fra il '17 e il '21 parecchi maceratesi finirono nel forte di Civitacastellana come prigionieri politici. Taluni di loro, che prima del carcere avevano combattuto nelle campagne napoleoniche e partecipato al tentativo murattiano, fecero ritorno in patria dopo parecchi anni di pena e presero parte alla stagione rivoluzionaria del 1831, insieme ad altri più giovani seguaci delle idee liberali. Nel febbraio di quell'anno, nel clima suscitato dal luglio francese, il fermento politico si propagò ai ducati modenese e parmense e nello stato pontificio. A Bologna il governatore cedeva il potere a una commissione di cittadini di orientamento liberale e nei giorni successivi altre città dello stato aderirono al moto. Anche Macerata ebbe il suo governo provvisorio che resse fino al 28 marzo. Esponenti dell'aristocrazia locale e delle professioni, alcuni docenti e studenti dell'Università, personaggi noti, come l'anziano giurista Leopoldo Armaroli che fu chiamato da Bologna al ministero della giustizia, andarono a ricoprire cariche o si arruolarono in difesa del nuovo governo delle province unite. Deputati alla costituente, alla quale per Recanati era stato designato Giacomo Leopardi, furono per Macerata il marchese Domenico Ricci e il professor Puccinotti. Poche settimane dopo, mentre gli austriaci ristabilivano l'ordine, anche Macerata conosceva la diaspora dei suoi migliori spiriti patriottici, destinati (fu il caso, ad esempio, di Giacomo Ricci) ad entrare presto in contatto con personalità di affine sentire in tutta Europa. Altro promettente ingegno maceratese, l'allora ventunenne Diomede Pantaleoni, cercò invano da Roma di intercedere per il suo maestro Puccinotti, sospeso dall'insegnamento.
Fenomeno a tutti gli effetti europeo, il biennio rivoluzionario '48-'49 fu preparato nello stato pontificio dal clima di alterne speranze seguito all'elezione di Pio IX, nel 1846. Un evento che a Macerata era stato salutato con esternazioni di gioia, soprattutto dopo l'amnistia decretata dal pontefice. La scintilla per l'unità nazionale, scoccata nel '48 con l'insurrezione di Milano, fu seguita dalla mobilitazione dell'esercito di Carlo Alberto. Alle truppe piemontesi o ai battaglioni pontifici diretti verso il Po si unirono migliaia di volontari, fra i quali un'ottantina di maceratesi. L'allocuzione con cui il papa ritirava le sue truppe nell'aprile del 1848 aprì una tragica sequenza di eventi che culminò, come è noto, nella nascita della repubblica romana, episodio fra i più alti e gloriosi del Risorgimento italiano.
Convocata la costituente, i maceratesi inviarono i loro rappresentanti, fra i quali veniva eletto anche Giuseppe Garibaldi. L'eroe dei due mondi era arrivato in città il 10 dicembre del 1848 trattenendosi per costituire la sua legione: giorni turbolenti e di intensa attività politica da parte della "società del circolo", contraddistinti anche da un episodio di aperta opposizione ai garibaldini e ad ogni modo conclusi, ad elezione avvenuta, dalla calda lettera di Garibaldi ai maceratesi. Sono tanti i maceratesi che partecipano alle vicende cruciali di quegli anni, anche in posizioni eminenti: uno di questi è l'avvocato Luigi Pianesi eletto per la costituente a Bologna. Un mese prima della caduta della repubblica romana, ormai lontana anche quella vittoria di porta San Pancrazio che Garibaldi aveva dedicato ai maceratesi, la città era tornata all'ordine con l'intervento austriaco. Il ristabilimento dell'amministrazione, organizzata in provincie rette da un delegato apostolico, fu decretata da Ancona il 27 giugno 1849.
Il nuovo delegato entrava a Macerata soltanto nel febbraio del 1851. La città fu costantemente sottoposta a un rigido controllo militare. Risulta comunque che vi agisse un'emanazione della società nazionale promossa da Cavour. Gli orientamenti liberali erano ormai prevalenti, anche se la soverchiante presenza dei soldati frenava ogni moto. Alla vigilia della battaglia di Castelfidardo, mentre la città era assediata dalle truppe del papa, i liberali maceratesi informarono il generale Cialdini delle mosse del nemico. La sera del 18 settembre in città si festeggiava la vittoria delle armi italiane abbattendo le insegne del papa. Fu un commissario straordinario, Lorenzo Valerio, a guidare la transizione delle Marche nello stato sabaudo fino al gennaio del 1861. Al plebiscito del 4 novembre 1860 al quale erano iscritti 5065 maceratesi i votanti furono 4127 di cui 4104 favorevoli.