Nell'area archeologica, che si trova nei pressi di Villa Potenza, rinvenimenti dell'età preistorica documentano che il territorio ricinese doveva essere abitato fin da tempi antichissimi. Fu Plinio il Vecchio, erudito romano del I sec. d.C., a menzionare per la prima volta Ricina come città romana. A giudicare dai resti monumentali di edifici e opere pubbliche e private, e dai ritrovamenti di lapidi e iscrizioni, l'area abitata doveva estendersi per circa 60 ettari, in prevalenza sulla riva sinistra del fiume Potenza, l'antico Flusor.
La città era posta all'incrocio di due importanti vie, la Nuceria-Ancona e la Salaria Gallica, che univa Ascoli a Jesi. Creata come municipio intorno alla metà del I sec. a.C., Ricina possedeva importanti edifici, come il teatro, in età giulio-claudia, mentre al II sec. d.C. risalgono le abitazioni con mosaici. Le fonti tacciono sulla storia della città fino all'inizio del III sec. d.C., quando Ricina divenne colonia romana sotto Settimio Severo (193-211 d.C.), che la intitolò Helvia Ricina Pertinax in nome del suo predecessore Pertinace. Incerte sono le notizie del periodo successivo.
Nella tarda età romana la città fu probabilmente distrutta dalle invasioni barbariche, sebbene non siano precisabili né la data né l'esercito che operò il sacco. Comunque le rovine della città erano ancora imponenti e, con qualche adattamento, abitabili, nel XIV sec. In seguito agli statuti maceratesi del 1432, che permisero a qualsiasi cittadino di cercare pietre e monete, e di estrarre piombo e stagno dalle antiche tubature, le strutture romane vennero ridotte a 'cava di pietra': oggi sono visibili poco più che i resti dell'edificio teatrale antico.
Quest'ultimo, costruito su un terreno pianeggiante secondo il modello romano, era costituito dalla cavea, dall'orchestra e dall'edificio scenico. La cavea, ovvero la gradinata per gli spettatori, era di forma semicircolare, del diametro massimo di circa 72 m, e possedeva ampie gradinate disposte su tre ordini. Attualmente, di essa sono visibili le basi di dodici muri di sostegno che convergono verso il centro dell'edificio, i quali presentano esternamente un rivestimento in laterizi, e internamente un robusto nucleo cementizio.
Il muro perimetrale, della stessa muratura a sacco delle basi dei muri di sostegno, è conservato per un'altezza di 7 metri e si articola in undici aperture e in dodici porte con architrave, che anticamente davano accesso agli ambienti di servizio, nel sottoscala del settore superiore della cavea. Il prospetto architettonico esterno doveva presentarsi a due ordini di loggiati sovrapposti. Ai pilastri erano addossate semicolonne con capitelli d'ordine dorico e ionico. Il loggiato superiore prevedeva posti riservati alle matrone.
L'orchestra era lo spazio semicircolare compreso tra la cavea e il palcoscenico di 20 metri circa e doveva essere pavimentato, e qui probabilmente venivano sistemati gli spettatori di rango elevato, attraverso posti mobili. Tra la cavea e l'edificio scenico c'erano due accessi laterali coperti a volta (aditus), usati come ingresso per il pubblico. Dall'aditus destro si può notare che i muri perimetrali erano scanditi da pilastri incavati. Nelle vicinanze sono visibili due pozzi, e altri tre si notano sul lato sinistro del palcoscenico. I pozzi, tutti in laterizio, dovevano ospitare le antenne che sorreggevano il sipario (l'auleum), che veniva raccolto in un canale scavato sotto il palcoscenico. Di questo, non sono state ritrovate tracce, forse perché durante l'età imperiale il sipario veniva sollevato.
L'edificio scenico, molto danneggiato, lungo 40,40 metri, aveva pianta rettangolare ed era racchiuso ai lati da due ampi ambienti quadrangolari (parascaenia). La sua parte centrale era il palcoscenico (proscaenium), che terminava con la fronte scenica. Esso era largo circa 6 metri e profondo 12,40 metri. Il piano del proscaenium era costituito da un tavolato di legno poggiato su un'intelaiatura di travi visibili sui due muri laterali di entrambi i parascaenia e sul muro della fronte scenica (scaenae frons). Quest'ultima era la facciata monumentale con cui terminava il proscaenium, solitamente alta quanto la cavea.
Era arricchita da colonne d'ordine corinzio, da rivestimenti marmorei, intonaci dipinti e statue. Aveva un'esedra centrale, uno spazio semicircolare e da due ambienti rettangolari ai lati. Della fronte scenica si conserva solamente il lato destro dell'esedra centrale, per un'altezza di 9 metri, e sono visibili due delle nicchie coperte a volta. L'area archeologica comprende anche alcuni ruderi di monumenti sepolcrali.
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